di Lorenzo Parola e Antonio Sileo
Una proposta per contenere la recessione: superare i veti spesso pregiudiziali del Mibact ai progetti rinnovabili
Lo spettro di una profonda e duratura recessione incombe sull’economia mondiale. In Italia la situazione è peggiore che altrove. Ormai, il crollo del PIL atteso è dell’ordine di quasi il 10%, pur assumendo una ripresa nella seconda parte dell’anno. Come già notato da diversi osservatori il governo non pare avere ben compreso le esigenze, peraltro urgenti, delle imprese. Il modello di “lockdown all’italiana” e l’assenza di chiarezza sulla cd. “Fase 2” ci sta autoinfliggendo una distruzione di reddito inaudita. Il decreto legge 8 aprile 2020, n. 23, cosiddetto “Decreto Liquidità”, avrebbe dovuto, infatti, più correttamente chiamarsi “Decreto Prestiti”. Un ulteriore debito, ancorché garantito in tutto o addirittura solo in parte da un fondo dello Stato, per imprese con fatturati azzerati per alcuni mesi, pare al meglio un rimedio subottimale. Parlando di debiti meglio, ad esempio, sarebbe stato pagare i tanti arretrati che lo Stato ha nei confronti del settore privato.
Ovviamente, soluzioni facili non possono essercene e certo non saremo noi, in queste poche righe a prospettarle; tuttavia, vorremmo portare l’attenzione su un settore e una variabile cruciale: il tempo.
Ci riferiamo segnatamente agli impianti di produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile, che dovrebbero avere un’importanza basilare nel Green New Deal. Il ruolo di “pilastro della ripresa economica europea” di quest’ultimo è stato appena ribadito dalla presidente della Commissione Europea von der Leyen.
Ci attende una stagione di risorse quanto mai scarse, in cui evidentemente andranno fatte delle scelte prioritarie, con vari livelli di urgenza. Nel caso della nuova generazione rinnovabile, oggi molto più di ieri, non crediamo ci sia particolare spazio per aiuti veri o anche solo, in vario garantiti, ma per fortuna si può fare altro.
Per esempio, intervenire sull’eccessivo rallentamento dei procedimenti di autorizzazione determinato dalla messe di pareri negativi espressi dal Mibact nell’ambito dei procedimenti unificati di autorizzazione, anche in assenza di vincoli paesaggistici, archeologici o urbanistici sulle aree interessate e nonostante la capacità complessiva dei progetti fosse stata grandemente ridotta. In molti di questi casi le Regioni ritenendo non ragionevolmente fondato il parere negativo del Mibact hanno autorizzato il progetto in esito alla Conferenza di servizi, innescando, di fatto, il procedimento oppositivo del Mibact. Ai sensi dell’articolo 14-quinquies della Legge 241 del 1990, infatti, le amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali ovvero alla tutela della salute e della pubblica incolumità, hanno facoltà di proporre opposizione dinanzi al Presidente del Consiglio dei ministri avverso la determinazione motivata di conclusione della conferenza purché abbiano espresso in modo inequivoco il proprio motivato dissenso prima della conclusione dei lavori. Oggi con un modus operandi delle soprintendenze che si è fatto prassi l’efficacia della determinazione di conclusione della Conferenza viene sospesa e l’esito del procedimento di autorizzazione resta incerto. Una situazione che appare ancor più grave, ove si consideri che la legge tace riguardo ai tempi per il pronunciamento della Presidenza del Consiglio.
Un modus operandi, vogliamo sottolinearlo, in cui la carenza di motivazioni oggettive tramite le quali giustificare la formulazione di pareri negativi e la successiva opposizione alla determinazione della Conferenza di servizi, più che orientata alla reale salvaguardia dei paesaggi e dei siti di interesse culturale, appare del tutto finalizzata a ritardare e a scoraggiare la costruzione di nuovi impianti.
La situazione di stallo che viene a delinearsi e l’incertezza, tanto nel se quanto nell’an, in merito alla conclusione del procedimento oppositivo e alla conseguente efficacia delle determinazione autorizzativa costituisce, infatti, un deterrente per gli investitori e vanifica l’operato delle amministrazioni diligenti che si sforzano di contenere i procedimenti autorizzativi entro tempi efficienti.
Tra gli interventi necessari per scongiurare l’inasprirsi della spirale recessiva e l’evolversi dell’epidemia in carestia crediamo dunque possa rientrare appieno il superamento, evidentemente ex lege, di un freno che sovente abbandona la prudenza per sconfinare nella pregiudizialità o, peggio, nel bullismo istituzionale. Ma, già oggi, la Presidenza del Consiglio potrebbe motu proprio intervenire subito confermando le autorizzazioni regionali e così consentendo l’avvio di investimenti che hanno il pregio di coniugare posti di lavoro e decarbonizzazione senza pesare sulle casse dello Stato.
Anche perché confidiamo che per capire l’importanza di avere nuovi cantieri aperti nei prossimi mesi, non bisogna essere stati compagni di classe o, addirittura, di banco di Giancarlo Magalli o essere stato il miglior allievo di Federico Caffè, requisiti posseduti invero solo da Mario Draghi.
Contenuto estratto da Staffetta Quotidiana.